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Inizio storico della nuova creazione è il vangelo

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Un'intervista-commento a un filologo biblico

José Miguel Garcia, un biblista spagnolo, ha recentemente rilasciato una intervista ad Avvenire , raccolta da Lorenzo Fazzini, sostenendo che gli apostoli non possedevano le categorie mentali per «inventarsi» Cristo Risorto. «L a Risurrezione è un fatto storico, comprovato da segni sensibili e testimonianze oggettive. Nell’incontro con la vita nuova offerta da Cristo, segnata dall’amore gratuito, si può iniziare a comprendere questo mistero». Don José Miguel Garcia, biblista spagnolo, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà di Teologia San Damaso di Madrid, è autore del recente «Il protagonista della storia. Nascita e natura del cristianesimo », in Italia edito dalla Bur. Attualmente a Gerusalemme per motivi di ricerca, Garcia spiega le ragioni storiche dell’evento della Risurrezione e giudica l’esperienza concreta decisiva per offrire motivi di comprensione del mistero cristiano per eccellenza, Gesù risorto.

A Pasqua Benedetto XVI ha ribadito che la Risurrezione di Cristo non è una favola ma una realtà storica rivelata.

Nei Vangeli ci sono vari segni che sostengono la giusta affermazione del Papa. Nessun uomo ha visto l’evento della Risurrezione, ma vi è il segno concreto e tangibile della tomba vuota: è archeologicamente accer-tato che quella custodita al Santo Sepolcro era veramente la tomba di Cristo. Ma anche questo è un segno, certamente importante, della Risurrezione, altrimenti mancherebbero le condizioni per dire che Cristo è risorto. Non è però un fatto dimostrativo: le donne che giunsero alla tomba pensavano che il corpo di Gesù fosse stato rubato! Non si passa automaticamente dalla tomba vuota alla constatazione della resurrezione.

Qual è il fatto dimostrativo fondamentale?

Sono le apparizioni del Risorto agli apostoli e ai discepoli, a quella compagnia di persone formatasi intorno a lui. Queste apparizioni, eventi storici accaduti in un certo tempo e un determinato luogo, sono fatti accertabili, non episodi soggettivi ma oggettivi. La tomba vuota è la condizione perché la Risurrezione sia avvenuta, ma sono le apparizioni del Risorto che ne danno la dimostrazione storica riscontrabile in via oggettiva.

Dunque anche le prove 'scientifiche' della Risurrezione non sarebbero sufficienti?

Esatto. Non bastano i segni concreti, sono molto importanti le testimonianze storiche di chi ha visto Cristo risorto. Gli apostoli, in quanto ebrei, credevano nella Risurrezione ma se la aspettavano alla fine dei tempi. Quando Gesù, durante la sua predicazione, parla della propria Risurrezione, essi non capiscono cosa voglia dire: non avevano le categorie mentali per 'inventare' la Risurrezione! Per loro si è trattato di una novità completa.

Benedetto XVI, durante la Veglia pasquale, ha evidenziato come, se il Natale «ci è in qualche modo immediatamente comprensibile », capire la Risurrezione è qualcosa di più arduo.

È vero, la nascita di un bambino è sperimentabile facilmente: nel caso di Gesù, tutti potevano vederlo in casa sua. Ma anche lì non era facile capire subito la portata di quell’evento, cioè che la presenza del Mistero tra di noi passava tramite quel Bambino. La Risurrezione di Cristo è qualcosa che succede nell’al di là ma si manifesta nell’al di qua. Quando la Scrittura parla di «Gesù che si è assiso alla destra del Padre», si riferisce sempre a eventi che avvengono al di là di noi.

Quali le modalità più giuste con cui entrare in conl’intervista tatto con il mistero della Risurrezione?

Non lo si capisce con ragionamenti umani o leggendo libri sull’argomento: l’unico modo è partecipare alla vita nuova che Gesù comunica con la sua resurrezione attraverso la Chiesa. Ad esempio, sperimentando l’amore gratuito e totale di tanti uomini e donne, come i santi o la famiglie che danno accoglienza ai malati che nessuno vuole o ai bambini abbandonati. La Lettera a Diogneto spiega bene la novità di questa umanità che non era mai esistita prima, ma che ora è possibile proprio grazie a Cristo.

Per Paolo il Risorto è storico quanto il Crocifisso

Published by Benedetto XVI,

Anche quest’anno, a Pasqua risuona immutata e sempre nuova, in ogni angolo della terra, questa buona notizia: Gesù morto in croce è risuscitato, vive glorioso perché ha sconfitto il potere della morte, ha portato l’essere umano in una nuova comunione di vita con Dio e in Dio. Questa è la vittoria della Pasqua, la nostra salvezza! E quindi possiamo con sant’Agostino cantare: «La Risurrezione di Cristo è la nostra speranza», perché ci introduce in un nuovo futuro.

È vero: la Risurrezione di Gesù fonda la nostra salda speranza e illumina l’intero nostro pellegrinaggio terreno, compreso l’enigma umano del dolore e della morte. La fede in Cristo crocifisso e risorto è il cuore dell’intero messaggio evangelico, il nucleo centrale del nostro «Credo». Di tale «Credo» essenziale possiamo trovare una espressione autorevole in un noto passo paolino, contenuto nella Prima Lettera ai Corinzi (15,3-8) dove, l’apostolo, per rispondere ad alcuni della comunità di Corinto che paradossalmente proclamavano la Risurrezione di Gesù ma negavano quella dei morti – la nostra speranza –, trasmette fedelmente quello che egli – Paolo – aveva ricevuto dalla prima comunità apostolica circa la morte e Risurrezione del Signore.

Egli inizia con una affermazione quasi perentoria: «Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!» (vv. 1-2). Aggiunge subito di aver loro trasmesso quello che lui stesso aveva ricevuto. Segue poi la pericope che abbiamo ascoltato all’inizio di questo nostro incontro. San Paolo presenta innanzitutto la morte di Gesù e pone, in un testo così scarno, due aggiunte alla notizia che «Cristo morì». La prima aggiunta è: morì «per i nostri peccati»; la seconda è: «secondo le Scritture» (v. 3).

Questa espressione «secondo le Scritture» pone l’evento della morte del Signore in relazione con la storia dell’alleanza veterotestamentaria di Dio con il suo popolo, e ci fa comprendere che la morte del Figlio di Dio appartiene al tessuto della storia della salvezza, ed anzi ci fa capire che tale storia riceve da essa la sua logica ed il suo vero significato. Fino a quel momento la morte di Cristo era rimasta quasi un enigma, il cui esito era ancora insicuro. Nel mistero pasquale si compiono le parole della Scrittura, cioè, questa morte realizzata «secondo le Scritture» è un avvenimento che porta in sé un logos, una logica: la morte di Cristo testimonia che la Parola di Dio si è fatta sino in fondo «carne», «storia» umana.

Come e perché ciò sia avvenuto lo si comprende dall’altra aggiunta che san Paolo fa: Cristo morì «per i nostri peccati». Con queste parole il testo paolino pare riprendere la profezia di Isaia contenuta nel Quarto Canto del Servo di Dio (cfr Is 53,12). Il Servo di Dio – così dice il Canto – «ha spogliato se stesso fino alla morte», ha portato «il peccato di molti», ed intercedendo per i «colpevoli» ha potuto recare il dono della riconciliazione degli uomini tra loro e degli uomini con Dio: la sua è dunque una morte che mette fine alla morte; la via della Croce porta alla Risurrezione.

Nei versetti che seguono, l’apostolo si sofferma poi sulla Risurrezione del Signore. Egli dice che Cristo «è risorto il terzo giorno secondo le Scritture». Di nuovo: «secondo le Scritture»! Non pochi esegeti intravedono nell’espressione: «è risorto il terzo giorno secondo le Scritture» un significativo richiamo di quanto leggiamo nel Salmo 16, dove il salmista proclama: «Non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la corruzione» (v.10). È questo uno dei testi dell’Antico Testamento, citati spesso nel cristianesimo primitivo, per provare il carattere messianico di Gesù. Poiché secondo l’interpretazione giudaica la corruzione cominciava dopo il terzo giorno, la parola della Scrittura si adempie in Gesù che risorge il terzo giorno, prima cioè che cominci la corruzione. San Paolo, tramandando fedelmente l’insegnamento degli apostoli, sottolinea che la vittoria di Cristo sulla morte avviene attraverso la potenza creatrice della Parola di Dio.

Questa potenza divina reca speranza e gioia: è questo in definitiva il contenuto liberatore della rivelazione pasquale.

Nella Pasqua, Dio rivela se stesso e la potenza dell’amore trinitario che annienta le forze distruttrici del male e della morte. (Città del Vaticano, Mercoledì 15 Aprile 2009).