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AGOSTINO/ 1. L'esistenza di Dio

Sant'Agostino, tra i massimi esponenti della patristica cristiana, fu autore molto prolifico, la sua opera da un lato è rivolta all'approfondimento delle tematiche della fede, dall'altro alla difesa del significato originario del Cristianesimo, minacciato dalle eresie che ne minavano l'autenticità, ma furono da lui trattati anche altri temi importanti quali il concetto del tempo, i problemi etici connessi all'esistenza del male e alla sua presenza nella storia.Si può riscontrare in Sant'Agostino una radice neoplatonica, laddove ammette l'inconoscibilità di Dio per via puramente razionale e si concentra sull'introspezione dell'anima, intesa come sede ultima e privilegiata per accedere alla comprensione del sacro. Certamente il suo pensiero si distingue da quello di San Tommaso, che quasi un millennio più tardi fonderà il suo sistema filosofico sulla radice aristotelica, meno mistica e più logica, incentrata sull'alleanza tra fede e ragione.
Nel Soliloquia, un operetta composta nel 387, Sant'Agostino immagina un dialogo ideale tra lui e la ragione: Agostino desidera conoscere Dio e l'anima, la ragione dovrà dargli una risposta. La ragione chiarisce da subito che per conoscere Dio occorre che sia presente in Agostino (qui nelle vesti di ambasciatore dell'umanità) l'idea stessa di Dio, occorre cioè che l'uomo sappia qual è la forma che deve assumere Dio per renderLo riconoscibile. Agostino ammette senz'altro che non ha idea del modo in cui Dio dovrebbe rendersi riconoscibile, in quanto è proprio ciò che gli preme indagare. "Quale cosa ho mai appreso che sia simile a Dio, in modo da poter dire: voglio intendere Dio così come intendo la tal cosa?". (Sant'Agostino, Soliloquia). Nonostante ciò, la ragione promette di fornire una definizione di Dio per cui Egli stesso verrà mostrato e riconosciuto così come si mostra e si rende evidente qualcosa sotto la luce del sole, la ragione promette cioè di fornire una definizione di Dio per cui l'uomo non potrà che convenirne. La fede. Innanzitutto occorre che la mente, sede della ragione ma anche dell'anima, sia mondata da ogni affanno terreno, da ogni "macchia corporea": l'atto mentale per cui ci si può avvicinare a Dio è un atto di puro intelletto. La consapevolezza di rendere puro lo sguardo dell'anima è rinchiuso nel discorso di fede. Infatti, l'anima non si preoccurebbe della purezza se non avesse fede che rimanendo pura potrebbe vedere cose che altrimenti le sarebbe impedito vedere. La speranza. Ma vi sono menti che pur sapendo di poter concepire Dio (pur avendo fede), non riescono a svincolarsi completamente dall'influsso deleterio del corpo, per cui esse disperano di poter arrivare alla purezza necessaria e si abbandonano alla loro fragilità rinunciando a concepire Dio. Per superare questa incertezza occorre quindi che l'anima sia guidata dalla speranza. L'amore. Ma pur avendo presente il concetto di fede e quello di speranza, se non si desidera l'oggetto stesso di quella fede e di quella speranza, l'anima resterebbe comunque muta alla luce che le si promette. E' necessario allora che nell'anima vi sia l'amore per Dio, ovvero il desiderio di accoglierLo entro la propria anima. Queste sono dunque le tre condizioni per cui un'anima si può dire guarita dalla malattia terrena, per cui la verità sembra essere confinata entro i limiti delle cose mortali: solo se sono presenti la fede, la speranza e l'amore l'anima può realmente dirsi in grado di riconoscere Dio una volta mostratosi. Da questo si evince che per Agostino, la ragione non può nulla se non parte dalla fede, la fede stessa è la guida che impedisce alla ragione di percorrere i sentieri sbagliati: solo la fede può rendere vero il cammino della ragione, senza di essa, la ragione percorre l'errore. Dunque con la fede l'uomo crede di poter arrivare a concepire Dio, con la speranza egli trova la forza per accoglierlo entro di sé e con l'amore desidera che le condizioni precedenti possano essere esaudite. Ma come dimostrare, una volta mondata l'anima dagli ostacoli che le impediscono di raggiungere la Verità, l'esistenza di Dio? La ragione può finalmente mettersi all'opera: occorre ragionare sui termini "verità" e "vero". Ogni cosa che è vera ha in sé la Verità. Ma le cose vere scompaiono: gli uomini, gli oggetti, le cose del mondo, le quali sono vere perché si mostrano indubbiamente, scompaiono perché periscono o si distruggono. Pur scomparendo le cose che sono vere, la Verità comunque non scompare, continua a vivere "come la castità sopravvive alla morte di colui che è casto". Ma se una cosa esiste e continua ad esistere, occorre che tale cosa esista da qualche parte. La ragione dimostra ad Agostino come la Verità che sopravvive alle cose terrene non sia da cercare nel mondo terreno, la Verità è qualcosa che si trova al di là della materia, non muore con le cose che muoiono, la Verità è immortale. Ma visto che ogni cosa che è vera non può che avere in sé anche la Verità, ogni cosa che si mostra agli uomini (ogni cosa vera) partecipa alla Verità immortale e ultraterrena, ovvero, partecipa a Dio, il quale, indubbiamente, esiste. Risulta chiara in questa dimostrazione l'influenza del pensiero platonico.


ref. Antologia Filosofica, Ubaldo Nicola - La filosofia medie