Storia d'una notte Stampa
Scritto da Francesco Ferrara   
Martedì 01 Febbraio 2011 08:55

 Di rosso fuoco l’imbrunir dilegua   
la luminante sfera d’aureo cocchio
accompagnata, che ha volteggiato
finor, di qui dorando terra e mari
e, lesto servo a incarico oneroso,
tacito, ossequioso, reca l’impero
a te, scura regina in stelle ornata,
                                                  Notte.

Nel tuo cuore cor degli amanti infuoca,
e i cor, di celestiale spirto uniti,
ch’ogn’or, tremuli priegano, s’eterni.
Nel tuo cuore cor mal votato infuoca,
s’ingegna, s’opra al tuo velato manto
per immoral travaglio aver correo.
O empio! A cotali fini serve la mia
                                                  Notte?


Ma non sei sola, non stai lì da sola,
tu in eburnea teca Sonno a consegnar:
con te, infrangendo l’informe arcano blu,
sta, pura e volta in aura di mistero,
quel ch’è tua corona, trono e regno tuo;
e con gentil desir vezzoso, in parte
ostenta, in polla rara, bianco raggio:
                                                       Luna.

E con qual silenzio intorno, qual pace
avvolgi il lieto cielo a imbellettarsi
nero. E stridono gli augellin sereni;
e le falene a un lume infervorato
danzano, s’accoppiano poi dormono.
E con monotono scroscio s’infrange
l’onda del salino: e l’odi solo tu,
                                               Notte.

Natura a fronte china meraviglie
spande di bocci chiusi, e di placati
colori veste agghinda: hai pennello,
divin pittrice, intinto in tuo turchino.
Ahi! che affanni velocissima scoria
d’uman fattura: ove, ver dove corri
frenetica, ammattita?  Non son più la
                                                         Notte

e il Giorno e il Mondo spunto alla poesia?
Riposti son dove almi gegni che fer
di tale stirpe stacco colle belve?
Sovrane leggìadria e frivolezza
gettano in oblio i taciti valor.
E la Luna fa lenta capolino;
e ancor riparte il lesto e clamoroso
                                                   Giorno.
 

 

Ultimo aggiornamento Martedì 03 Maggio 2011 08:49