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"L'altro tra noi" PDF Stampa E-mail
Scritto da Riccardo Guercio   
Martedì 01 Febbraio 2011 09:03

Ancora una volta un’allieva della nostra scuola è riuscita a portare alto il nome del B. Croce. Sofia Okde, alunna della III F, è stata colei che ha vinto la prima edizione del concorso letterario "L'altro tra noi". La giuria ha voluto premiare il suo elaborato, aggiudicandogli il primo posto, "per la sensibilità, maturità e profondità del pensiero espresso con forma ampia, elaborata e ricca non solo di citazioni, ma soprattutto di sentimento, che dimostra la vicinanza agli ideali di Intercultura. Ottima anche la cura nella presentazione esteriore a dimostrazione dell'impegno nell'esecuzione".

 

Come hai scoperto l’esistenza di questo concorso alla sua prima edizione?

Attraverso una circolare ho saputo del concorso: “L’altro tra noi” promosso dal Centro  Locale Intercultura di Palermo. Si richiedeva di raccontare il nostro rapporto con chi noi consideriamo “altro”. Mentre ascoltavo i termini del concorso, ho subito ritrovato qualcosa di me, ma immersa in vari impegni non ho dato la mia adesione. Dopo qualche giorno, è stata riletta in classe quella stessa circolare. Questa volta, però, ho sentito forte la voglia di esprimere quello che ho provato in prima persona. E è stato così che mi sono detta: “Let’s go to work!”.
Oggi interpreto quella seconda lettura della circolare come un segno del destino.
 
Per quale motivo in particolare hai deciso di parteciparvi?
Molteplici sono state le motivazioni. La prima riguarda la mia famiglia. Grazie al fatto di avere parenti di diverse nazionalità e di essere figlia di un padre libanese cristiano americano e di una madre italiana ho avuto la possibilità di conoscere persone di culture e sensibilità diverse. Per motivi di lavoro di mio padre, ho vissuto buona parte della mia vita a Cremona. Quel soggiorno ha profondamente segnato la mia vita. Durante gli anni delle scuole elementari, grazie al fatto che mi trovavo in una classe multietnica e che eravamo ancora piccoli, non ho riscontrato problemi di integrazione e sono riuscita a creare rapporti di amicizia. Alle medie i miei genitori mi hanno iscritta in una scuola privata europea e lì sono cominciati i problemi: ho trovato un gruppo già costituito all’interno del quale non mi è stato permesso di entrare. Erano ragazzi superficiali e “con la puzza sotto il naso”. Nonostante abbia spesso tentato di aggregarmi, sono stata allontanata dal gruppo perché non si accettava che una ragazza del meridione potesse ottenere maggiori successi scolastici e musicali. La tecnica è sempre la stessa: emarginare per non fare emergere un “terrone".
 
Il tuo trasferimento a Palermo ha dunque un legame con la discriminazione subita a Cremona?
Sicuramente. Avevo bisogno di cambiare aria, non potevo più stare in una cittadina fredda e provinciale. Ci stavo stretta, soffocavo. Avevo bisogno di spontaneità, di rapporti autentici, di sole.. ed è così che ho deciso insieme ai miei genitori di ritornare a Palermo. Non è stata certamente una scelta facile! E’ vero che qui ho trovato il sole e dei rapporti umani, ma è anche vero che lì ho lasciato il mio papà, che mi manca molto, la mia casa e anche il mio piccolo nucleo di persone a cui tenevo. Tutto ha il suo pro e il suo contro.
 
Nel tuo elaborato racconti la storia di Amie. Chi è questa ragazza? La conosci personalmente?
Amie è una ragazza di colore, figlia di una madre italiana e di un padre originario della Sierra Leone, che a causa dei comportamenti discriminatori dei compagni ha dovuto cambiare scuola. Non conosco personalmente questa ragazza, ma la sua storia mi ha colpito particolarmente perché nella sua esperienza vedo riflessa la mia. Anche lei infatti viene da una famiglia felice e benestante; come me non ha avuto problemi di integrazione alla scuola elementare ed anche lei infine è stata vittima della mentalità ottusa e del provincialismo. Nonostante questa affinità per fortuna non mi sono stati rivolti insulti così espliciti ma posso comunque capire quello che Amie ha provato e ho sentito la necessità di raccontare la sua storia.
 
 “La scuola può fare molto per rendere la multietnicità una risorsa per la città e in genere per il mondo moderno”. Pensi che oggigiorno la scuola aiuti adeguatamente l'"altro" a creare rapporti con ragazzi di altre culture?
In generale penso che il compito principale della scuola, prima ancora di spiegare delle nozioni, dovrebbe essere quello di stimolare l’aggregazione a prescindere dalla provenienza o dalla religione. A parte qualche iniziativa irragionevole come quella di creare delle classi separate per studenti stranieri, penso che ciò venga fatto e mi auguro che per il futuro casi come il mio o quello di Amie diventino sempre più rari affinché la scuola diventi un esempio per la società.
 
Dato che da molti anni studi musica e in particolare il violino, che ruolo dai a questa nell'ambito dell’integrazione?
Io credo che la musica sia nella vita di ogni uomo un elemento essenziale, eleva la nostra anima e fa vibrare quella sensibilità che è alla base della vita e dei rapporti interpersonali. Quando suono sento di comunicare con un linguaggio universale, che arriva direttamente ai cuori della gente e che è metafora della solidarietà, della fratellanza e dei sentimenti più nobili nascosti dentro di noi. Perché a volte una sinfonia può dire di più di mille parole.. può riscaldare i cuori e far rinascere quella sensibilità che ci rende umani. Questa sinfonia contiene in sé tutti i colori del mondo.
(il testo dell’elaborato sul giornalino on line )
Ultimo aggiornamento Lunedì 14 Febbraio 2011 21:35
 
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