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La manomissione delle parole PDF Stampa E-mail
Scritto da Marta Perna   
Martedì 01 Febbraio 2011 08:49

Carofiglio 3.JPGUn libro affascinante e costruttivo. La prima parte è meno convincente a causa della martellante critica all’abuso di parole che ruota attorno alle vicende giudiziarie e non del premier Berlusconi.
La seconda parte, invece, ricca di citazioni ed esempi è molto più coinvolgente, poiché analizza cinque parole, smontandole e ricostruendole, riportandole al loro significato originario.

“VERGOGNA - GIUSTIZIA - RIBELLIONE - BELLEZZA - SCELTA”. 

La manomissione di una parola, ci spiega questo libro, consiste nella sua emancipazione, nella“liberazione” dall’abuso di significato che ne è stato fatto.

Mi piacerebbe soffermarmi sulla RIBELLIONE, che recentemente, durante il periodo della protesta studentesca, ha spesso fatto parte del nostro vocabolario. Dice Carofiglio: “Ribellione come forma della responsabilità. Ribellione come scrittura e racconto del proprio destino, come esperienza di autonomia e affrancamento da una condizione di schiavitù. Una schiavitù che può essere anzitutto mentale”.
In questi giorni questa parola si è tanto usata, forse impropriamente, forse manipolandola. Ci è stato detto e gridato più volte che “bisogna ribellarsi!”.
“Come scrive Miguel Benasayag, filosofo e psicanalista argentino, l’ideologia del ribelle si fonda su tre enunciati: non rispetto niente, credo che tutto sia possibile, posso cambiare tutto. Senza alcun ancoraggio ad un sistema di valori, senza alcuna consapevolezza di metodo, che in un sistema democratico deve essere solo quello della non violenza”.
E’ facile convincere qualcuno a ribellarsi usando violenza verbale e psicologica, se si parte dal presupposto che la ribellione debba essere per forza violenta e distruttiva. Senza considerare, però, che se si lotta contro il potere, un atteggiamento violento non fa altro che sottostare al gioco, perché alimenta la repressione.
A me, dunque, piace pensarla diversamente da coloro che ripetono passivamente ciò che ascoltano senza dare il giusto valore alle parole e concordo con Carofiglio di cui mi piacerebbe lasciarvi questa bella riflessione: “L’idea di ribellione a cui mi piace pensare è invece ancorata in primo luogo ai valori della giustizia sociale e globale […] Possiamo - e probabilmente dobbiamo - ribellarci sempre, e in qualsiasi campo. Anche alla manipolazione delle parole: perché già solo chiamare le cose con il loro nome è un atto rivoluzionario. Il criterio è dato da un sistema di valori etici, civili, estetici, che operino come strumenti di scrutinio per l’esercizio dei poteri: economici, religiosi, professionali, culturali, politici. Poteri che si esercitano su corpi o poteri che si esercitano su anime. Quando questo sistema viene attaccato, violato, messo in pericolo, ribellarsi è sano, necessario, indispensabile. E’ un gesto di autonomia e responsabilità: dunque, un gesto di umanità. E il modo, l’unico modo, è la non violenza”.
 

 

Ultimo aggiornamento Martedì 15 Febbraio 2011 08:41
 
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