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Difendiamo il futuro difendiamo il passato PDF Stampa E-mail
Scritto da Francesco Ferrara   
Martedì 01 Febbraio 2011 08:41

 Giorni di fuoco nelle piazze. E anche sui tetti. Sì, dilaga da nord a sud la protesta che ha visto studenti dell’università e della scuola pubblica solidali e uniti per dire il loro «no» al discusso decreto Gelmini: un «no» categorico e senza alcun compromesso.

Giorni di fuoco anche in Parlamento, dove la voce degli studenti ha fatto sentire la sua fragorosa eco, il cui risultato non è andato oltre il rallentamento di un tortuoso iter legislativo.
Centinaia i ricercatori inferociti per i tagli alla ricerca e gli studenti scesi in piazza contro la manovra economica e il feroce tentativo di tagliare fondi, in un periodo -lo ricordiamo- che è comunque di crisi.
A Palermo molti istituti superiori sono stati occupati e grazie alla rete telematica tutti gli studenti delle maggiori città d’Italia hanno deciso di occupare i principali monumenti, simbolo della cultura occidentale e fulcro del mondo antico, perché «a noi appartengono e nessuno ce li può togliere».
E proprio questo può essere il punto di partenza per analizzare bene la portata che il DDL ha sulla nostra società e le ripercussioni che può avere su quella futura, per non parlare del suo inserimento in uno Stato democratico: l’accusa più grave fatta al ministro Gelmini sulla legge è che questa non rispecchia i principi della nostra democrazia, che è addirittura “anticostituzionale”.
Sappiamo innanzitutto quanto la democrazia sia terreno fertile per lo sviluppo di una società libera, quanto sia necessaria affinché un Paese progredisca e abbia un ruolo di primo piano nel panorama internazionale. E come di contro, laddove l’accesso al sapere è impedito del tutto o in parte, dove si tengano assopite le coscienze, non c’è spazio per le opinioni individuali, perché soffocate dalle angherie dei potenti e poi sotterrate.
L’idea di democrazia è strettamente collegata alla cultura di un popolo, alla sua sete di sapere e alla formazione di uno spirito critico.
Quando per primi gli antichi greci unirono l’idea di kràtos  a un demos seppur ristretto, sapevano di poter concepire questa forma di governo perché il popolo è accomunato da ideali, usi e costumi che trovano il loro substrato nella cultura.
Non si può dunque parlare di democrazia senza un popolo, e non possiamo parlare di popolo senza la comunanza di cultura, di origini e tradizioni che hanno segnato profondamente il nostro presente: era infatti impensabile parlare di un governo affidato al popolo in un’Italia frammentaria e disunita dove non esisteva una lingua comune e l’analfabetismo dilagante non favoriva l’accesso di massa alla cultura.
E’ qui che trova spazio quindi, e assume un profondo significato, il gesto di tanti giovani di occupare i monumenti: un gesto forte per dimostrare che la cultura non è una merce di scambio che proviene dall’esterno ma appartiene a tutti coloro che tengono al loro futuro; per dimostrare che gli studenti sono pronti ad aggrapparsi, ad avvinghiarsi pure, ad una statua, segno tangibile della ricchezza che tutti dovremmo portare dentro, ed infine un gesto forte per comprovare che questi monumenti sono l’anello di congiunzione, di cui andiamo fieri, con un passato italiano rigoglioso nell’arte e nella letteratura, che nessuno può cancellare e da cui mai cesseremo di apprendere.

 

Ultimo aggiornamento Martedì 08 Febbraio 2011 09:21
 
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