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lezione terza A

Tra gli ospiti del Cottolengo

Porta Palazzo, Torino sembra una casba, un mercato mediorientale ondeggiante di chador, vociante di richiami maghrebini. Poi giri a destra, e ti si para davanti il Cottolengo con le sue imponenti interminabili facciate. La strada si fa silenziosa. Caritas Christi urget nos, è scolpito sull’ingresso, la carità di Cristo ci sprona.

Entri. Sotto ai tigli secolari ti sembra d’essere in una città diversa. 112 mila metri quadri di padiglioni, 3000 pasti al giorno, una mensa per i poveri, una scuola per infermieri, un monastero di clausura, il seminario, l’ospedale, e poi le case per disabili e anziani, in tutto oltre seicento letti. Una città, davvero. Una sposa, avrebbe desiderato Remo: la giovane donna di cui si era innamorato da ragazzo.

Ma da ragazzo, in anni poi non così lontani, una crisi epilettica, una sola, ha scelto per lui la vita. Niente sposa. Per cinquant’anni e più la sposa è diventata il sogno di un’esistenza trascorsa alla Piccola Casa della Divina Provvidenza, il Cottolengo, il luogo per eccellenza dell’umanità «diversa», quella che solo in anni recenti sta conquistando cittadinanza. Giuseppe Benedetto Cottolengo lo chiamava "il nostro padrone", chiamava tutti "le nostre perle". Sono i "signori" della casa e della comunità cottolenghina, costruita in funzione della loro vita. Si tratta di persone bisognose che trovano assistenza, cura, appartenenza e promozione per la loro vita, al Cottolengo. Sono quelle persone che rendono preziosa la comunità cottolenghina perché "La qualità di vita all'interno di una comunità si misura in buona parte dall'impegno nell'assistenza ai più deboli e ai più bisognosi e nel rispetto della loro dignità di uomini e di donne".

La loro vita è fonte di umanità e di gioia. Dopo la morte di Giuseppe Cottolengo la Piccola Casa, pur versando in precarie condizioni economiche, ha sempre continuato ad espandersi sotto la guida dei successori, rispondendo alle necessità del momento. A Torino nascono nuove “famiglie” e il numero degli ospiti sale fino a 4000.

La Piccola Casa, per venire incontro alle proprie necessità, si attrezza al suo interno di panificio, pastificio, lavanderia, calzoleria, laboratori professionali, ecc. In tutta Italia sorsgono nuove sedi per accogliere anziani, malati, disabili di ogni genere, bambini, emarginati. Fratel Pietro Genova mostra la carta dei servizi: attività riabilitative e di fisioterapia, palestra, e tanti laboratori... sensoriale, gesti e parole, teatro, musica, espressivo e di arte-terapia, maglieria e ricamo. Spiega che l'attenzione alla persona ed ai suoi bisogni è alta: ne è un esempio Massimo, un adulto con in testa i pensieri di un bimbo, rimasto orfano, accolto al Cottolengo ma che continua di giorno a frequentare la scuola dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, «così - dice fratel Pietro - può continuare a stare insieme alle persone che conosce, e vivere la nuova condizione in modo meno traumatico».

L’AMORE DI CRISTO CI SPINGE. Gesù ci spinge e ci esorta ad amare e a servire i nostri fratelli più piccoli e in cambio Egli, come una pioggia copiosa, ci dona la cosa più importante: SE STESSO!